LA SORPRESA: LUZIFER ...ma è davvero una sorpresa?
LUZIFER - IRON SHACKLES
(High Roller Records, 2022)
Non mi dilungherò nuovamente sulle generalità della New Wave Of Traditional Heavy Metal; mi sentirei oltremodo a disagio nel dover ripetere per l'ennesima volta che l'heavy sound sta finalmente tornando, con quella dignità e quell'entusiasmo che l'avevano caratterizzato fino agli anni '90. E' importante invece specificare che le numerose chiavi di lettura dell' ars metalli si sono ormai ripresentate, quasi tutte, con un nuovo asso nella manica (dai Century, prostrati all'altare degli Heavy Load, agli Iron Griffin per quanto riguarda la deriva più romantica e visionaria del Metal Epico).
Dopo i micidiali fendenti mollati dagli Eternal Champion ("The armour of ire", 2016), un nuovo manipolo di satanassi affonda il ferro rovente nell' heroic fantasy più cupo e orroroso, ammantato di tenebra sabbathiana.
Luzifer, che i più attenti hanno già apprezzato nella loro incarnazione parallela (Witchunter , meno sensazionale a dire il vero), meritano sicuramente l'investitura a Cavalieri Neri, in questi rocamboleschi anni '20 - che ci auguriamo possano essere ricordati come la seconda Età dell'oro del Metallo Pesante.
Avevo già commentato con i dovuti toni il singolo "Iron Shackles", inno dal passo intimidatorio, e speso encomi per la successiva "Hexer (in Dreiteufelsnamen)", tripudio di horror-riff enfatizzati da feroci liriche IN TEDESCO!
Detto questo, mi ero forse addormentato su aspettative troppo elevate: attendevo il primo album dei Luzifer come si attende un'opera inaffondabile a-priori, mi ero fatto il film (mea culpa!) dell'esordio ispirato, folgorante e senza riempitivi. E' chiaro che stiamo parlando dell'ottimo debutto di una band assolutamente interessante, ma "Iron shackles" dura appena trentadue minuti (quattro dei quali, impiegati per un interlocutorio omaggio all'artista stracult Joachim Witt), e non tutti i brani inediti sono benedetti dall'alone tetro e misterioso dei due singoli ascoltati finora.
Il sound di questi demoni teutonici, dicevamo, è effettivamente foriero di rimandi all'Heavy Gotico di Black Sabbath, Manilla Road e Cirith Ungol, modelli da cui Luzifer hanno chiaramente imparato l'arte dell'imprevedibilità: sono assai poche le soluzioni scontate, infatti, nella mezz'ora di metallo descrittivo che compone questo vinile di marca High Roller - sentite di quali terrificanti trame sono capaci i Luzifer , nella spettrale "Hexer (in Dreiteufelsnamen)"!
Luzifer suonano da musicisti esperti, disseminano gli arrangiamenti di improvvisi interventi elettronici che conferiscono a brani come "Wrath of the sorcerers" una dimensione quasi psychedelica; il cantante/chitarrista S. Castevet conduce il sabba medievale con vocals spesso sopra le righe, non così diverse da quelle dei fratelli Wahlquist (Heavy Load) e del redivivo Tim Baker (Cirith Ungol).
Episodi come "Barrow downs" e, in parte, la stessa "Wrath of the sorcerers" mancano però di quella magia (nera) che l'orecchio esperto è in grado di cogliere, ben prima delle formalità accademiche, e che riemerge finalmente nel manifesto bellicoso "Attila (blazing hooves)", sanguinario pezzo da novanta posto in calce alla side-B.
Supportiamo i Luzifer e seguiamoli con attenzione, nell'attesa che la loro ispirazione raggiunga definitivamente lo zenith. Potrebbe accadere prima di quanto si pensi.
Massimo