HO RIASCOLTATO, Xcel e Salem's Wych

11.11.2020

SALEM'S WYCH - BETRAYER OF KINGS (Metal War Records, 1986)

XCEL - DELIVER THIS DREAM (Tri Records, 1986)

Tra le controindicazioni del collezionismo discografico che ne rimarcano in qualche modo il romanticismo, vi é il rischio che molti titoli -anche meritevoli- rimangano in giacenza sui nostri scaffali per mesi. A volte anni. Persino decenni. Così, rivisitare l'ascolto di certi dischi che quasi non ricordiamo di avere, a distanze temporali indicibili, è parte del tutto integrante dello stesso, entusiasmante gioco.
Queste righe introduttive per spiegare questa mia curiosa incursione in uno degli angoli più reconditi del multiverso U.S. Metal, dal quale ho dissotterrato le opere di due sfortunate bands che, forse, avrebbero meritato qualcosa di più.
E' bene precisare che, quelle che oggi chiamiamo cult bands e che, evidentemente, all'epoca non ce l'hanno fatta, non a caso sono rimaste miraggi vinilici per l'élite collezionistica e niente di più.
Salem's Wych, compagine del Michigan che esibisce la più classica delle sfaccettature metalliche dell'America degli anni '80, sembravano addirittura essere riusciti ad accendere la miccia del -tiepido- successo, ottenendo tra l'altro la partecipazione alla colonna sonora della misconosciuta pellicola "Teresa's tattoo".

E' fin troppo facile, però, notare quanto l'amalgama dei Salem's Wych paghi in termini di professionalità al cospetto, per esempio, dell'abilità tecnica e della follia artistica dei primi Savatage, finendo per esserne quasi restituzione approssimativa.
"Never ending battle" è una poderosa cavalcata con magiche aperture, guidata da un' ugola cartavetra davvero troppo simile a quella di Jon Oliva: il che non sarebbe, di per sé, un problema se non si riscontrassero grossolane imprecisioni nella ballata dark "All hail the Queen", un deja-vu strutturato a dovere, persino vincente nella rievocazione degli abissi orrorifici di Cirith Ungol e Manilla Road.

Decisamente credibile, invece, è l'impetuoso minimalismo di "Run from the Devil", headbanger tutto muscoli e paranoid-licks, la cui carica sanguigna rimanda ai Twisted Sister di "Under the blade" - sfortunatamente, usciti quattro anni prima. Tra citazioni di ogni estrazione, compresi gli inevitabili Iron Maiden, quella dei Salem's Wych è un'opera comunque piacevole, ma che neanche a posteriori è riuscita ad ottenere alcuna ripubblicazione, al di là di una ristampa bootleg (!) di marca ellenica. 

gli Xcel nel 1986
gli Xcel nel 1986

L'avere o meno un cantante di razza, spesso indice di prestigio nel biglietto da visita di una rock band, è un problema che affligge anche i texani Xcel, il cui discorso musicale è filtrato però attraverso velleità progressive e impalcature tech  sull'abusato modello maideniano di "Quest for fire".
Sarebbero state oltremodo convincenti "The vision", "King of fools" (dalla sonorità quasi AOR, a ben vedere) e l'impegnativa suite "Last ride of Ichabod Crane", se Xcel avessero avuto tra le loro fila un emulo ben addestrato di Geoff Tate. Persino un pezzo come l'avvolgente ballad "I'll make it someway", del tutto funzionale al timbro di Kevin Luke, mostra quei limiti e quella staticità espressiva che, con tutta probabilità, hanno impedito agli allora giovanissimi Xcel di progredire in maniera significativa.
Al contrario di Salem's Wych, va detto però che "Deliver this dream" degli Xcel è stato rimesso sul mercato più volte: non solo da abili falsari ma, nel 2013, in una nuova edizione ufficiale su supporto ottico.

Massimo

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