SPECIALE: Behind the Metal Curtain - storia dell'Hard Sovietico (parte 2)

06.08.2021
i Krasnaya Pantera in un ritaglio d'epoca (foto dal web)
i Krasnaya Pantera in un ritaglio d'epoca (foto dal web)

1987: I GUERRIEЯI DEL BLOCCO

Collezionare dischi provenienti dall'ex Unione Sovietica significa tutt'ora sottoporsi a lunghe attese dovute perlopiù a scrupoli burocratici di certe frontiere postali; ma  significa anche emozionarsi nel ricevere oggetti che restituiscano odorose sensazioni di vecchie cantine dimenticate, sleeves fabbricate in carta da copisteria che riportino esclusive illustrazioni colorate. Östalgie, la chiamerebbero a Berlino (Est).

Dal 1987, la Musica Dura fu premiata con il lasciapassare che consentì finalmente la libera circolazione, nella Russia di Gorbaciov, di ristampe "occidentali" (talvolta con dubbie licenze) e di prodotti...a chilometro-zero.

Il primo dubbio storico è anche il più semplice su cui fare dovuta luce: è la stessa Melodiya (che credevamo una sorta di KGB del settore fonografico!) a rivelarci, attraverso i numeri di catalogo, che i primi heavy rockers dell'Unione stampati su vinile non furono gli Ariya, ma tali Avgust (Август) con un esordio al fulmicotone dall'eloquente titolo "Demon"! Il breviario metallico del combo pietroburghese era naturalmente quello in auge nell'adiacente Europa, metabolizzato grazie al trading clandestino: i dettami di Deep Purple, Rainbow, Uriah Heep, Scorpions e Judas Priest, oltre agli immancabili Iron Maiden, regoleranno pressoché ogni microsolco sovietico a cominciare proprio da "Demon". Avgust inquadrerà ancora meglio il bersaglio nel 1988 con il secondo "Otvetniy udar" ("Contrattacco"!), il cui epico incipit "Orol" conferma la diffusione del morbo malmsteeniano oltre le barriere anticapitaliste; l'arrembante "Metal" -viva l'unicità- è un inno con tartaruga addominale, incandescente quanto la spada-laser sulla copertina del vinile!
E' interessante gettare uno sguardo all' "irrisolto" relativo all'esportazione: agli onnivori giapponesi, attratti dagli Avgust, non rimase che offrire un contratto con clausole sinceramente comiche. Per la ristampa digitale made in Japan, la band avrebbe dovuto mutare il nome nell'agghiacciante Tovarischy, oltre ad incidere ex novo una selezione dal proprio repertorio. I collezionisti si attivino, poiché così fu.

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Avgust: anzi, Tovarischy!
Avgust: anzi, Tovarischy!

Il vaso di Pandora era stato ufficialmente scoperchiato, liberando la casistica dell'industria musicale con ognuno dei suoi sintomi. La suggestiva figura del "leader" prendeva piede portando con sé sia vantaggi che risvolti nefasti: Ariya pagarono immediatamente la statura di un personaggio carismatico come Victor Vekshtein, con uno scisma intestino che portò il nucleo scontento della band a svincolarsi e fondare, in un colpo di scena, i Master (Мастер).

Gli ammutinati risentono per la verità delle scosse planetarie provocate dai Metallica, i cui riff sono apertamente citati nell'album omonimo. A differenza di molti epigoni su scala globale, però, Master non simulano la forza d'urto del power metal americano fermandosi all'approssimazione: dimostrano invece profonda cognizione di causa, con una tracciatura ben focalizzata del substrato gotico apprezzabile nel capolavoro dei four horsemen, "Ride the lightning".
Poco importa se nel lato-B si ricorre a materiale d'archivio degli Ariya, come la hit "Volya i razum": l
'omonimo Master è quanto di più simile, in formato vinilico, ai Panzer T-34 ammirati al fronte, durante il Secondo Conflitto Mondiale!

LA COИQUISTA DELLA STRATOSFEЯA

La distensione invitava ad appropriarsi di qualunque sfaccettatura hard, ogni impulso filtrava ormai indisturbato nell'ex regno ostile del Generale Inverno. L'esplosione di Bon Jovi e Europe fertilizzò ulteriormente le (non più aride) lande dell'Est: i veterani Black Coffee (Чёрный кофе), risorti su vinile con "Perestupi porog" e -in rapida sequenza- con un EP omonimo, impressero in realtà la loro marca indelebile nel 1990, con "Life never waits". L'opera più significativa di Black Coffee è così accostabile al suono di Scorpions, Bonfire, Axxis ed altri strateghi della Germania deluxe che sarebbe sufficiente oggetto d'analisi per comprendere cosa significasse, per la perestrojka-generation, la locuzione "rock n'roll"!

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Melodiya procedeva in una marcia poderosa che mirava all'Occidente, sigillando con logo Russian Disc parte del proprio catalogo a partire dal 1989. Per l'invincibile etichetta, neanche il mercato libero porterà conseguenze rovinose: nuove compagnie discografiche come Gala Records e la celeberrima SNC si occuperanno principalmente di ristampe ed edizioni bootleg di materiale importato dall'Ovest, sfruttando ogni genere di escamotage, ma senza scalfire minimamente il gigante Statale.

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Soyuz "Vodopad", live in Kiev '87

Soyuz "Ostorozhney, stalker", live in Khmelnitsky '88

la cover di "Krasnyy svet". Melodiya, 1990
la cover di "Krasnyy svet". Melodiya, 1990

Vale davvero la pena ricordare, tra i cosmonauti dell'hard-sound, chi addirittura ereditò il nome Soyuz (Союз) dal sogno interstellare sovietico. Igor Romanov, studioso delle sei-corde, vantava già un'esposizione prestigiosa, prima di arrivare al debutto come Igor Romanov i yego gruppa; rinominata Soyuz per l'album successivo "Krasniy svet" (1990), la band registra un'attività concertistica esorbitante, da veri boss della scena, con vertici di coinvolgimento come l'esibizione a Kiev del 1987 o quella dell'anno successivo a Khmelnitsky - entrambe ben documentate.
E' impossibile non subire il fascino della galoppata classica "Vodopad", dal primo album, o dei netti contorni della copertina di "Krasniy svet" - stilizzati in un pallido ed inquietante rosso, quasi un'allusione al crepuscolo dell' URSS.
Il miglioramento che Soyuz sapranno conseguire tra primo e secondo album va oltre le doti dell' axeman Romanov, estendendosi piuttosto alle geometrie compositive.

Il cadavere dei Rainbow dell'era Ronnie Dio riemerge come un'araba-fenice, nel colossale brano d'apertura "Ostorozhney stalker"!

un concerto dei Noch nel 1991, ripresa amatoriale

gli sfortunati GPD (foto da web)
gli sfortunati GPD (foto da web)
il primo demo degli Orden, 1990
il primo demo degli Orden, 1990

Krasnaya Pantera dal vivo, Natale 1989

PICCOLI-GRAИDI ESCLUSI

Vi avevo avvisati: l'indagine sul Rock-in-Russia non contempla soltanto ellepì legittimati dalla benedizione Statale. L'infinita parabola dei metal-tovarish interdetti alla pubblicazione va ben oltre il fatidico '87, lo abbiamo appurato facendo la conoscenza dei pittati Noch; sarebbe però sconveniente omettere da questa retrospettiva la bobina "Zolotoy fakel" dei Monte Kristo, l' unreleased dei preparatissimi e sfortunati GPD (ГПД), consegnati all'oblio dopo una serie di lusinghieri riconoscimenti, oppure i predatori Orden (Орден), speed metallers con due granitici demo all'attivo - ignobilmente dispersi nelle Bermude del tape-trading.

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Investigare sull'errore incredibile commesso da Melodiya nella gestione dell' affaire Krasnaya Pantera (Красная Пантера), però, è davvero complicato.
L'Heavy Metal fronteggiato da avvenenti leonesse risuonava in tutto il mondo, sull'onda del fenomeno Doro Pesch: l'Unione Sovietica (o quello che ne rimaneva...) tentò di cavalcarne l'impetuosa marea "metallizzando" blasonate popstar locali come Olga Rozhnova, Tatyana Kochergina (coinvolta in un interessante album di hard rock purpleiano, con i XX Vek) e la pantera rossa Olga Kormukhina, la "Doro dell'Est" - ma agghindata come Tina Turner!

Melodiya stava per rilasciare l'unico prodotto sovietico in grado di eguagliare, in smalto e potenza deflagrante, il suono calibrato della facoltosa concorrenza americana, nota a posteriori come hair metal. Non ci è concesso sapere con esattezza, ahinoi, cosa realmente accadde a seguito del mega-investimento Krasnaya Pantera: l'album "The time has come", ancora custodito negli archivi Melodiya, era un ordigno dal potenziale devastante, assolutamente pronto per esplodere sul mercato...


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