SPECIALE: Behind the Metal Curtain - storia dell' Hard Sovietico (parte 1)
GEИEЯАZIOИE FАИТАSМА
Lo dirò una volta sola, nei titoli di testa, per non ripeterlo mai più: se state leggendo questo pezzo sperando di trovarvi il farmaco sostitutivo alle esalazioni di "The number of the beast", ai megatoni di "Painkiller" o ai riti occulti di "Ride the lightning", siete fuori strada.
Quella raccontata di seguito, per la prima volta in lingua italiana, è la storia di una realtà parallela, la leggenda di una generazione invisibile che attese il propiziatorio wind of change per mostrare i propri muscoli ed urlare al mondo il proprio talento. Non solo: le modifiche apportate da Mikhail Gorbaciov alla linea economica del Partito Comunista Sovietico non furono sufficienti ad incentivare la stampa occidentale alla retrospettiva sull'Hard-in-Russia e alla ricerca di un suo probabile glorioso passato.
Così Beppe Riva recensiva il primo album "da esportazione" dei moscoviti Kruiz, prodotto dalla WEA:
<< Il fatto curioso è che la "caccia al sovietico" si estenda anche in un settore come il Rock, dove l'URSS non può che scontare anni di arretratezza culturale, dovuta al mancato confronto con gli epicentri della musica giovanile. >>
Beppe Riva, Metal Shock, 1989
Parole forti e concettualmente persino condivisibili, ma che palesano scarso stimolo dietrologico da parte della stampa specializzata. E' ipotizzabile che, nei giorni dei primi effetti della perestrojka, la ricerca dall'esterno di una genealogia discografica Soviet-based fosse piuttosto difficile, ma -permettetemi- mi stupisce come nessuno, fino all'avvento di Internet, si sia preoccupato di fare chiarezza (glasnost!!!) sulla parabola dei Guerrieri del Blocco.
L'introduzione del Rock in Unione Sovietica è maturata attraverso un calvario immane ma affascinante, segnata da tappe importanti diluite con estrema parsimonia, come gocce di impagabile elisir vitale. I ragazzi della Russia Comunista iniziarono a consumare le prime razioni di (Hard) Rock grazie allo spaccio clandestino di duplicazioni illegali: risulta che i primi singoli di Alice Cooper, Led Zeppelin e Black Sabbath circolassero già negli anni '70 su un supporto di cui molti di voi, forse, non sono tuttora a conoscenza. L'archetipo del bootleg sovietico era una radiografia, certamente scarto dei reparti ospedalieri, inciso su una facciata e maltagliato fino alle sembianze di un 45-giri; siamo di fronte al supporto musicale più crudo che la Storia ricordi, soltanto simile ai "nostri" simpatici e collezionabili flexi, ma concepito per essere velocemente occultato, magari arrotolandolo nella tasca di un cappotto!
Se le riforme di Gorbaciov abbiano portato esclusivamente beneficio o meno è un dilemma che lascio alle vostre coscienze politiche. Emerge però -a posteriori- il retroscena curioso che vede l'Heavy Metal protagonista nei sotterranei dell'URSS fin dall'inizio degli anni '80, in cui molte formazioni autoctone (Kruiz compresi) impegnate in ramificazioni pop già sdoganate si lasciarono suggestionare dal serpeggiante Heavy-sound, fino ad una inevitabile conversione.
A piccole dosi, dicevamo, cresceva l'infatuazione segreta dei kids russi per la musica dura. Black Deed (Чёрное дело) è una delle flebili sirene che annunciarono il contagio metallico nell' Unione, con tutte le problematiche del caso: il nome originario Tiazholy Metal ("metallo pesante"!) fu abbandonato per non violare le restrizioni imposte dal Ministero della Cultura, e sostituito dall'ammiccante Black Deed, che garantiva quantomeno una tranquilla attività - inclusa quella live!
Il pensiero di Beppe Riva sui Kruiz trova conferma già nel nastro di questi pionieri, tanto che Black Deed, nel 1983, riecheggiava soluzioni vetuste, già note da oltre un decennio persino in Italia - grazie agli arcangeli del prog sinfonico New Trolls e Rovescio Della Medaglia. La testimonianza audio di Black Deed offre una disordinata mistura di art-rock e di Heavy Metal prototipico, cui fa da collante un cantato naif, mettendo subito in chiaro come il ceppo idiomatico slavo non si presti -in linea di massima- alle solenni impennate melodiche del Rock Duro. Alla fine, però, conta il pensiero.
***
Nonostante le trattative abbondantemente avviate tra la Melodiya (Мелодия) -apparato mangiatutto dedito alla produzione discografica- e le majors americane, nessun accordo formale autorizzava la diffusione su vinile o cassetta dell'hard n'heavy entro i confini sovietici. Da un mio breve scambio di messaggi con il boss del canale divulgativo Heavy Metal Of Eastern Bloc, emerge quanto segue:
un brano dei Black Deed, dal nastro del 1983
l'album inedito dei Noch, del 1991
<< Solo pochissimi gruppi ottenevano la pubblicazione su vinile, soprattutto se si trattava di musica Metal! C'era una sola compagnia discografica statale (la Melodiya, appunto - nda) che stampava dischi per tutta l'Unione Sovietica, ma era estremamente difficile ottenere un contratto. Per questo motivo, la maggior parte delle band incidevano e facevano circolare la propria musica su nastri analogici. >>
Melodiya aveva forse dei criteri specifici per "selezionare" i gruppi?
<< Nessuna regola specifica, a quanto ne so. Dovevi avere la fortuna di essere "pescato" e sperare che non ti obbligassero a modificare troppo il tuo materiale - a causa della censura. Con la Perestrojka, dal 1986 in poi, le cose iniziarono a migliorare e qualche disco Heavy Metal ottenne finalmente la pubblicazione su vinile...alcuni di quei dischi, verso la fine degli anni '80, vendettero qualche milione di copie! >>
Tra ingenuità di ogni sorta, i protagonisti dell'hard-in-Russia portavano avanti la loro crociata armati di sogni e chitarre elettriche, tentando di imitare qualcosa che probabilmente avevano appena sfiorato, qualcosa di conosciuto solo grazie a poche registrazioni di infima qualità, procurate prendendosi più di qualche rischio.
Si andava dalla dicitura Группа (gruppa) su manifesti e copertine, regolare prefisso che rimarcava trattarsi di una band e non di un "solista", all'emulazione sfacciata dei modelli occidentali - è il caso dei Noch (Ночь), alternativa alla perforante messinscena dei Kiss!
Come vedremo, Noch furono tra le innumerevoli compagini a doversi "accontentare" di una buona reputazione tra i kids del Blocco e un'indisturbata attività live, ma nessuna stampa ufficiale. Né in patria, né altrove. Si mormora che i Soviet-Kiss avessero rifiutato importanti offerte dal music-business occidentale ma, prevedibilmente, non esistono fonti che confermino o smentiscano.
***
Prima che Kruiz (Круиз) conseguissero lo status di "Metal band più popolare dell'Unione" con il debutto "Kruiz-1" (Melodiya, 1987) ed il successivo inedito su WEA, travaglio analogo toccò in sorte anche a questo roboante trimotore: siamo infatti a conoscenza di almeno una reel autoprodotta, antecedente agli scoppi del singolo "Last dawn"!
il videoclip di "Last dawn" dei Kruiz, 1987
l'inedito "Vulkan" degli Ariya, dal bootleg "Stavropol 1986".
НЕЯОЕS ОF А SРЕЕDШАУ
la hit "Torero" da "Megalomania" degli Ariya, 1985
Nessuna discriminazione occorre in termini strettamente musicali: Ariya hanno dimostrato di meritare la popolarità raggiunta con un suond più che credibile, forse non allineato agli highlights occidentali ma senz'altro accattivante e professionalmente confezionato. Spettacoli da headliner ai metal-festival europei tutt'ora in auge non possono essere una circostanza fortuita!
Eppure, anche per gli Ariya vi furono giorni di bagarre nella giungla del fai-da-te, e brani come la celebre "Torero" o il travolgente, rarissimo inedito "Vulkan" rimasero confinati nel limbo degli unsigned. L'egida di Victor Vekshtein, manager intraprendente e personaggio chiave del fermento musicale professionistico in URSS, non sembrava dare i risultati auspicabili: Ariya avrà i primi due album ("Megalomania" dell'85 e "S Kem ti" del 1986) regolarmente esposti sugli scaffali dei negozi solo dieci anni più tardi!
Vekshtein spinge sull'acceleratore, autoproclamandosi LEADER degli Ariya in una mossa spettacolare; "Geroy asfalta - Hero of a speedway", con la sua splendida copertina, esce nel 1987 e causa quel parallelismo cronico che, a ben vedere, non ha mai compromesso la carriera degli "Iron Maiden russi"! L'influenza di "Powerslave" è schiacciante dalla title-track al colpo di reni finale "Ballada o drevnerusskom voyne", almeno quanto l'eco di "Piece of mind" abbagliò gli squadroni del metal americano.
Ariya e il loro disco-culto, dovreste saperlo, sono quanto di più noto e decantato possa emergere da un'indagine di superficie; la tradizione orale attribuisce a "Geroy asfalta" persino il primato di pubblicazione nell'epopea dell'Hard n'Heavy russo, ma gli archivi dello squalo statale Melodiya saranno in grado di confermarlo? E' davvero oro ciò che luccica, oppure un "demone" insidia la verità tramandata?
FINE PRIMA PARTE