SPECIALE NWOTHM, i...nuovi eroi?

02.11.2020

THE NEW WAVE OF TRADITIONAL HEAVY METAL

Per contestualizzare l'argomento, è necessario gettare brevemente un'occhiata a quanto accadde all'indomani della chiusura di Hammerblow, ovvero nel bel mezzo degli anni 2000. Suonare Heavy Metal secondo certi dettami radicati nell'underground degli '80, soprattutto quello americano, divenne una prassi che in qualche modo avrebbe potuto dare risultati gradevoli, ma che finì con il generare un limbo stilistico, ahimè, davvero poco credibile. Come spesso accade in queste circostanze, i buoni propositi e le idee di qualcuno innescarono una serie di imitazioni forzate, qualitativamente scarse, finendo per diventare involontariamente parodistiche se analizzate nel continuum metallico che va dai Black Sabbath ad oggi. 
Che certe piattaforme virtuali e gratuite, allora in fase poco più che sperimentale, abbiano contribuito ad un certo tipo di erudizione a quei tempi molto meno accessibile (mi riferisco all'imitazione del linguaggio, ma anche all'abilità tecnica sugli strumenti), potrebbe spiegare una lieve impennata qualitativa. Fatto sta che, oggi, ci troviamo di fronte a produzioni sicuramente non all'altezza di quelle storiche, ma che quantomeno trasmettono una certa serietà sovrastrutturale e una tendenza ad evitare zone macchiettistiche.
In relazione alla maggior parte delle uscite di oggi firmate da nomi di ieri, poi, è matematicamente scacco matto. Se non altro, in termini di freschezza e fervore. Non vi nego che, per il sottoscritto, il roboante ritorno dei Cirith Ungol con "Forever Black" è stato non solo una graditissima ed insperata sorpresa, ma la prova concreta della proverbiale eccezione che conferma la regola.
Etichettare Cirith Ungol come l'unica band il cui ritorno si sia manifestato all'altezza del passato è certamnente affermazione che può essere messa in discussione, ma...a fronte di quali altri esempi? Angel Witch hanno sorpreso in positivo con "Angel of light", un come-back che mostra ispirate e malinconiche pennellate fedeli al loro cliché ma, diciamo la verità, il paragone con il valoroso esordio è oggettivamente fuori luogo.

i laziali Vultures Vengeance
i laziali Vultures Vengeance

L'interesse verso un formato desueto come il nastro analogico (sì, la...cassetta!), mi ha invece portato a saltuarie scoperte piuttosto piacevoli. Grazie ad un amico, circa due anni fa raggiunsi il profilo Bandcamp (nota piattaforma elettronica per artisti indipendenti e preziosa fonte di informazione underground) di certi Visigoth, il cui brand mi suggerì inizialmente la solita situazione semi-parodistica che avevo trascurato più che volentieri diversi anni prima.
Visigoth...avrebbe potuto addirittura essere un gruppo di mattacchioni dediti a sbeffeggiare gli Ostrogoth o qualche altra cult band con suffisso analogo. Passò neanche un'ora, dopodiché ordinai entrambe le cassette.  

Sì, perché Visigoth non sono né i nuovi Iron Maiden, né i nuovi Jag Panzer, ma la verve percepibile nel rifferama abbondante di brani come "Dungeon Master" o "Mammoth Rider", il tentativo di recuperare un certo lirismo arcaico con "Traitor's gate", le pulsioni Riot-esque di "Salt City" e "Blades in the night", mi hanno riportato alla mente l'irruzione degli Hammerfall con il loro primo testamento di devozione assoluta verso l'Heavy Metal. Era il 1997.

U.S. METAL & CO: ALL'ARREMBAGGIO!

La tradizione dell' heavy sound nel Nuovo Continente è ridondante, sorprendentemente ramificata in direzioni attitudinali che vanno dagli affreschi epico/mitologici dei Manowar fino all'hi-tech discendente dalle elucubrazioni cosmiche di Rush e Queensryche. Nel mezzo, una moltitudine di ulteriori derive che conducono alle più disparate riflessioni sull'argomento.
Nell' era della pandemia, il batterio Hard'n'Heavy americano torna a lustrare le sue protuberanze d'acciaio, riabbracciando quella vastità stilistica che da sempre lo contraddistingue.

Ecco quindi emergere dal Caos una proposta di grande interesse quale "The armor of ire" degli Eternal Champion, un album che non si accontenta di confezionare un'imitazione di superficie, ma evoca il suo immaginario di competenza con micidiali riff lama di rasoio (la title-track), odi barbariche ("I am the hammer"), e un timbro da narrazione howardiana, degna somatizzazione dei migliori Manilla Road

C'è chi non disdegna una veste più al passo coi tempi, come i canadesi Smoulder Traveler, compagini pronte ad esibizioni patinate pur restando fedeli agli stilemi dell'Heavy Metal di marca ottantiana. 

Ma è lo sconquasso che provoca un debutto come quello dei Solicitor, ad aprire per forza di cose una breccia nel cuore dei fans della letteratura metallica d'annata: si toccano ritmi cardiaci spaventosi con "Betrayer", quintessenziale esercizio speed a metà tra Judas Priest e Savage Grace. Si vola alle altitudini di Chastain con l'incredibile mélange postatomico di "The red queen", dove la cantante Amy Lee Carlson offre una prova vocale maiuscola, da vero condottiero di ferro.

Vagiti di genuina ispirazione sono riscontrabili in Armoured Knight, realtà sudamericana dedita a vorticose figure power metal  d'intenzione europea, apprezzabili al netto di una non eccellente preparazione accademica.
Arriva invece dall'Australia, da parte dei Sabire, un proiettile blindato rispondente al nome di "One for the road" (dal mini "Gates Ajar"), singolo che sembra uscito dal cilindro di Motley Crue e W.A.S.P. degli esordi.

GRIFONI & AVVOLTOI DAI CIELI D'EUROPA

i rockers svedesi NIGHT
i rockers svedesi NIGHT

Il biglietto da visita delle legioni europee potrebbe limitarsi ad esibire lo scatto promozionale di Vultures Vengeance (vedi sopra), combo italiano che non solo estrapola dalla coltre nebbiosa del tempo il perduto sound di gruppi come Virgin SteeleShok Paris e Ruffians, ma lo fa riconquistandone la purezza estetica in tutto e per tutto. Se il loro album "The knightlore" paga un missaggio penalizzante, ai danni delle trame vocali di Tony T. Steele (!), le aperture di "Great spark from the dark" e l'avvincente labirinto chitarristico di "Eyes of a stranger" sono già ad un passo dalla leggenda.
Chi fosse in cerca di fragranze vintage-rock, può senz'altro esplorare la produzione scandinava: interessante la proposta dei Night e del loro ultimo lavoro "High tides, distant skies", che riesce a far coesistere essenze hard e tentazioni alla Dire Straits!
I finlandesi Mausoleum Gate pescano a piene mani dagli anni '70, trascrivendone un dettagliato saggio intitolato "Lost beyond the sun", dove gli Uriah Heep sembrano incontrare il lato più visionario dei primissimi Scorpions.

Piuttosto originale l'immagine degli esperti Lord Vigo, sensazione in equilibrio tra Black Sabbath e gli indimenticabili Savior Machine del primo album: il commando bionico tedesco si espone  attraverso una lente futuristica, che ammicca al filone distopico su celluloide.

Vale la pena, invece, riservare il paragrafo conclusivo alle trasognanti atmosfere che ci regala l'ultimo album di Iron Griffin, unione inscindibile ed imprescindibile delle doti compositive di Oskari Rasanen (già batterista nei Mausoleum Gate) e dell'impressionante vocalità della bionda Maija Tiljiander. Il loro "Curse of the sky" è del tutto appagante nel recupero delle forme dei Warlord, è un manifesto di pura poesia epic metal , pur non esente da sottili imperfezioni. La produzione in stile demotape esalta la percezione della lontananza e il quoziente mitologico di pezzi stellari come "Forgotten steel" e "Lost legion", mentre le misure irregolari e belligeranti del capolavoro "Dawn of struggle" ci trasportano definitivamente in un'apocalisse sonora (in)dimenticata, avvolta nelle romantiche spire della memoria. 
Il duo scandinavo compie una mossa eroica che si colloca assolutamente al vertice di questo excursus. 

Massimo

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