RICORDI: gli anni del Germanycentrismo

24.04.2021

TEMPI DURI!

Che gli anni '90 fossero nati sotto una congiunzione astrale poco favorevole per l'Heavy Metal è cosa piuttosto nota: i micidiali cecchini inglesi e americani del decennio precedente -con rare eccezioni- iniziavano ad avere qualche problema nell'inquadrare il bersaglio o, meglio, iniziavano a puntare i propri electric eyes verso bersagli più...comodi.

Ricordate le rubriche della corrispondenza, sulle riviste dell'epoca, straripanti di piagnistei di lettori delusi? Delusi dall'evoluzione (?) dei Metallica, dalla fine dei Judas Priest in uno dei loro momenti di apogeo, dal divorzio tra Bruce Dickinson e Iron Maiden - la macchina perfetta. Le cose, effettivamente, non si stavano mettendo bene.

Al netto delle nuove correnti di pensiero, però, in un angolo di mondo l'Heavy Sound ancora legato all'archetipo NWOBHM, ai vorticosi ritornelli degli Scorpions e al riffing frontale degli Accept, si preparava a sferrare un attacco che non puntava certo alla sola sopravvivenza.

Vale la pena notare come negli anni '80, zenith delle sponde metalliche anglosassoni, la produzione di marca tedesca che non recava il blasone degli Helloween, né dei citati Scorpions e Accept, fosse sistematicamente costretta all'angolo dai cronisti esteri che, a cuor leggero, la ritraevano come un'appena dignitosa serie B.
Facevano eccezione, per ovvie ragioni, la bionda chioma di Doro Pesch ed il motivo fucsia/blue dei suoi Warlock: erano popolarissimi!

Doro Pesch su Metal Hammer U.K., 1988, Collezione privata Hammerblow
Doro Pesch su Metal Hammer U.K., 1988, Collezione privata Hammerblow

A distanze siderali dai riflettori, quindi, i veterani Sinner, Stormwitch, RailwayRunning WildGrave Digger e Rage, ma anche debuttanti di un certo interesse come Zed Yago ed un simpatico combo di speed metallers, proveniente dalla Vestfalia, dal nome scarsamente accattivante di Lucifer's Heritage - bisognava senz'altro cambiarlo.

ANNI '90: QUESTIONE DI OPINIONI

Il primo (e più nobile) dei motivi per cui la Germania di Metallo ha goduto di meritata visibilità negli hard times, è legato alla matrice irriducibile del sound che continuava a provenire soltanto da quelle zone. Mentre le corazzate americane navigavano in totale balìa dei venti (e delle tendenze), U.D.O. lanciavano un perentorio messaggio di inossidabile coerenza. "Timebomb", nomen omen di un ordigno con cui il Colonnello Dirkschneider minacciava le leggi del tempo, il Painkiller tedesco che dall'iniziale 12-cilindri "Metal Eater" fino alla marcia solenne del panzer mimetico "Metal maniac mastermind" palesava il rifiuto netto di voltare qualunque pagina.

Al fuoco dell'artiglieria, rispondevano parimenti i cannoni del vascello Running Wild, in evidenza grazie ad una formula finalmente personale (restava comunque la somma chitarristica di chiara risonanza Thin Lizzy) e ad una serie di releases da capogiro. La ciurma brindava al nuovo decennio con "Blazon stone" (1991), solido preludio ad una letale sequenza di classici, ed il Capitano Rock 'n Rolf guidava idealmente la crociata del Made in Germany verso un ruolo da protagonista. La battaglia infuriava nei mari in tempesta di "Lead or gold" e del capolavoro "Treasure island", undici minuti di brillanti riff ed aperture melodiche a suggellare un sincero manifesto di metal corsaro, noto ai posteri come "Pile of skulls". Running Wild daranno, da veri leader, la misura del carico bellico della resistenza Heavy Metal almeno fino al 1998, con il poderoso "The Rivalry".

U.D.O. su Metal Shock, 1996, c.p. Hammerblow
U.D.O. su Metal Shock, 1996, c.p. Hammerblow
Running Wild, Metal Hammer Germany 1992, c.p. Hammerblow
Running Wild, Metal Hammer Germany 1992, c.p. Hammerblow

In una visione più ampia, il merito della riscossa teutonica è da attribuire anche alle produttive case discografiche, che costituirono l'epicentro del sisma attraverso una massiccia campagna: Nuclear Blast, G.U.N.No Remorse e la storica Noise favorivano decisamente la visibilità del materiale locale con accurata promozione e distribuzione oltre i confini tedeschi. La Germania era diventata il Paese dei Balocchi, la meta dei sogni per chiunque avesse fame di quel Metallo fedele al proprio, abbagliante passato.

L'uscita di "Livin' in hysteria" premiava l'immane talento degli Heaven's Gate, indimenticabile meteora dalle fulgide traiettorie; epigoni di Helloween e Accept (Attack e Unrest sono onesti esempi) venivano sdoganati ed immediatamente accolti dallo zoccolo duro degli headbangers nostalgici, mentre Lucifer's Heritage -ricordate?- si riproponevano con il nuovo, immaginifico banner Blind Guardian ed una lungimirante tendenza alla personalizzazione del cliché speed metal. Se due impressionanti compact come "Somewhere far beyond" e "Tales from the twilight world" imposero il folle quartetto all'interno della nicchia die-hard, il tiranno "Imaginations from the other side" (1995) consacrò Blind Guardian sul podio dei campioni. Il lavoro spingeva verso un approccio visionario ed al tempo stesso perfezionistico, deflagrando in un'inedita vena sinfonica che sfogava l'amore bruciante per le notti all'opera dei Queen.

Il tour di "Imaginations from the other side", con i suoi cartelloni dall'appeal ancora semi-amatoriale, toccò anche Firenze, con buona pace del sottoscritto che -per qualche ragione- non poté parteciparvi. Un peccato, perché avreste dovuto vedere cosa erano in grado di scatenare le poche centinaia (se non poche decine) di fans presenti ai concerti, nel decennio della... presunta morte dell'Heavy Metal Rock!

***

In risposta all'allora nuova formazione degli Helloween, l'ex Kai Hansen si mostrava sempre più immerso nel suo progetto solistico. Ancora 1995, ancora hergestellt in Deutschland: "Land of the free", la terra dei liberi, era il metallus maximus dei Gamma Ray in totale stato di grazia, la vigilia dell'epico viaggio nella stratosfera "Somewhere out in space", successivo di soli due anni.

Lucifer's Heritage su Shock Power 1987, c.p. Hammerblow
Lucifer's Heritage su Shock Power 1987, c.p. Hammerblow
Gamma Ray a Milano, 1997. c.p. Hammerblow
Gamma Ray a Milano, 1997. c.p. Hammerblow

Ritroveremo Kai Hansen coinvolto, a tempo determinato, anche nei poco incisivi Iron Savior.
Un plauso alla perseveranza va inoltre riservato al "diversamente virtuoso" Axel Rudi Pell e alla sua ossessione per l'ingaggio di cantanti americani. Saccheggiato reiterate volte il Nuovo Continente, l'insolito chitarrista trovò una intesa duratura prima con Jeff Scott Soto (di malmsteeniana memoria) ed infine con l'ex Hardline Johnny Gioeli; pur senza aggiungere alcunché alle cronache del nobile acciaio, album quadrati e dal classico taglio hard rock come "Black moon pyramid" e l'ispirato "Oceans of time" costituiscono dei buoni diversivi. Teneteli presenti.

***

Accadde sul finire del 1996, però, l' episodio che nessuno si aspettava. Grave Digger erano una ringhiosa formazione della vetusta scena tedesca, non esattamente dei tiratori scelti - almeno fino alla reunion e al conseguente filotto a partire da "The Reaper". Ed il compact che quell'anno stavano per lanciare, patrocinato dalla G.U.N., era destinato a diventare uno dei grandi successi della sua epoca. "Tunes of war" non vantava solo la prestigiosa firma di Andreas Marschall nell'illustrazione di copertina: era virtualmente trainato dall' hit cinematografico "Braveheart", dal racconto della sanguinosa epopea medievale scozzese e, uber alles, dalla prototipica fusione delle forme acceptiane con un'epicità esponenziale. Ricordo perfettamente il videoclip di "The dark of the sun" ruotare sulle televisioni musicali italiane, come ricordo di aver visto copie di "Tunes of war" in mano a diversi estranei al culto della musica dura. Grave Digger avevano confezionato l' Heavy Metal al quadrato.

recensione originale di Tunes of War su Metal Shock, c.p. Hammerblow
recensione originale di Tunes of War su Metal Shock, c.p. Hammerblow

Quando il vituperato decennio stava per concludersi, con "Border of reality" rinascevano i desueti Angel Dust, si ripristinava il formato for group and orchestra con "XIII", amabile attestato di maturità dei Rage. Di nuovo spazio a Grave Digger, con l'arcigno "Knights of the cross", e all'ennesimo fulmine a ciel sereno, autografato -stavolta- dagli esperti Matt Sinner e Ralph Sheepers: la spietata ronda della pattuglia Primal Fear polverizzava, con una selezione senza riempitivi,  l'insicuro ritorno del nume Judas Priest! Tanto che, causa eccesso di headbaging sulle note di "Chainbreaker", "Battalions of hate" e "Promised land", le vertebre cervicali della mia generazione potrebbero accusare problemi sulla lunga distanza. Attenzione!
Il '98, in qualche modo, rappresentò il finale di un'avventura romantica cui, purtroppo, molti hanno preferito voltare le spalle.

E voi che avete avuto la pazienza di arrivare fino a qui, siete ancora convinti che negli anni '90 l'Heavy Metal fosse...morto?

Massimo

Blind Guardian su Psycho 1998, c.p. Hammerblow
Blind Guardian su Psycho 1998, c.p. Hammerblow
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