JUDAS PRIEST: il nuovo album "Invincible Shield"

12.03.2024

Alcune considerazioni preventive devono essere fatte. 
Judas Priest sono ormai da tempo una Heavy Metal band che usufruisce dei servigi di un'unica chitarra, pur facendosi ancora fotografare pietosamente insieme a Glenn Tipton ...salvo sostituirlo, poi, con altre comparse in sede live. Un encomio spetta quindi a Ritchie Faulkner, che da solo si carica sulle spalle - almeno su disco - il peso titanico di un blasone leggendario, troppo importante e troppo venerato per essere scisso da uno dei suoi tratti distintivi: le twin guitars!
In secondo luogo, il mito dei Judas Priest è sopravvissuto (ai decenni e alle batoste cui ogni genere "di nicchia" è inevitabilmente e ciclicamente sottoposto) grazie alla costituzione di un binomio musica/immagine in continuo e formidabile mutamento, sempre in anticipo rispetto alle mode. Il cozzo micidiale tra i "mostri meccanici" dell'Heavy Metal ed i colori netti della pop-art, per esempio, sottolineava alla perfezione le intenzioni evolutive del Priest-sound tra "Screaming for vengeance" e "Turbo". E ancora: l'orchestra di ferraglie impazzite di "Painkiller" sarebbe forse stata accolta alla stessa maniera, senza il mietitore d'acciaio che seminava morte & distruzione sull'iconica copertina?
"Redemption roared across the burning sky!!!"
Tutto questo, da molti anni ormai, non esiste più.

Un'illustrazione principale come quella di "Invincible shield" è, se vogliamo, persino più pietosa dell' Hellion ridotto a brandelli e consegnato alle fiamme sulla copertina del precedente "Firepower"; in ogni caso, non c'è più alcuna immagine "potente" da descrivere con la musica. E non crediate che mi stia divertendo a mettere per iscritto queste tristi osservazioni.

Ma la più allarmante delle (mie) preoccupazioni riguarda Rob Halford, volto dei Judas Priest nell'immaginario collettivo: dopo averne constatato il calo imbarazzante nelle prestazioni vocali, durante un'esibizione di supporto ad Ozzy Osbourne una manciata di anni fa, mi chiedo come sia possibile che il Metal God riesca a restituire dal vivo le performance ascoltabili su questo nuovo album, tutto sommato accostabili a quelle di un buon interprete ancora in discreta forma.

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La musica, comunque lontana dall'essere sgradevole in senso assoluto, non aggiunge alcunchè alla carriera cinquantennale dei Judas Priest: anzi, la prima impressione è quella di trovarsi ad ascoltare un nuovo Halford solista, tante sono le similitudini tra i brani di "Resurrection" o di "Made of metal" ed i nuovi inediti "Serpent and the king", "Sons of thunder" e "Gates of Hell".
Judas Priest non ci risparmiano neanche gli inevitabili collegamenti diretti con il loro repertorio classico: ed ecco che l'inizio in-dissolvenza di "Trial by fire" riprende il cliché già utilizzato su "Judas rising", mentre "As God is my witness" è un malcelato omaggio a "Leather rebel"...e mi fermo qui, per non scadere in toni troppo aspri. 
Faulkner dirige la baracca come può, facendo scaturire dalla sua "coda di rondine" assoli flamboyant che, in tutta franchezza, rappresentano il dettaglio più interessante di "Invincible shield".

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Cui prodest? All'azienda, prima di tutto: dischi come questo, come "Firepower" o come "Redeemer of souls" sono comunque un metodo per tenere vivo l'interesse nei confronti del brand Judas Priest, un modo sicuramente più dignitoso che mettere in circolazione sottobicchieri con la griffe di un gruppo storico, sì, ma artisticamente inefficace da tempo. "Invincible shield" potrebbe persino regalare un brivido di nostalgia a qualche appassionato che brama la sensazione di rivivere il "momento dell'uscita" di un album dei Judas ...senza rimanerne particolarmente deluso.

In questi casi, però, per quanto la polvere sia ben nascosta sotto il tappeto, conviene disseppellirla. Non basta la melodia cantabile di "Crown of horns" per celebrare come si dovrebbe il ritorno dei Judas Priest; e a poco serve un brano teso e dalle atmosfere inquietanti come "The lodger" - dalla penna di Bob Halligan Jr., già autore di "Some heads are gonna roll" e "Take these chains": Judas Priest, avevate tra le mani un pezzo che avrebbe potuto salvare capre e cavoli, e lo avete condannato al triste ruolo di traccia-bonus nell'edizione limitata!!!

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