HO RIASCOLTATO, Storm - Nordavind

07.01.2021

STORM - Nordavind (Moonfog, 1995)

la prima stampa di Nordavind, collezione privata Hammerblow
la prima stampa di Nordavind, collezione privata Hammerblow

Nel bel mezzo degli anni '90, curiosando nella folta discoteca di un amico, notai uno strano import dalla veste grafica piuttosto anonima ma dalle diciture chiare ed essenziali. Storm, tempesta. Nordavind, vento del Nord. Aprii la confezione, automatismo innato del collezionista, ed il contenuto mi accecò come un diretto d'incontro in pieno volto: stampata sul disco, la sola bandiera norvegese, irriverente messaggio di radicale fierezza nordica - all'epoca assai serpeggiante nei misteriosi sotterranei del black metal scandinavo. 
"Ascolta questo!", suggerì l'amico con l'aria di chi è sicuro di far colpo. Assecondai l'invito con moderato entusiasmo.

Poche note di sintetizzatore a tracciare un mortale fraseggio introduttivo, e "Mellom bakkar og berg" suonò la carica, pari al richiamo intimidatorio del corno vichingo sul campo di battaglia. Rimasi sconvolto. Da fervente seguace del megametal dei Manowar e dei fasti epici di Blind Guardian e Bathory (erano i giorni di "Blood on ice"!), realizzai di trovarmi di fronte a qualcosa di mai sentito prima e, in tutta franchezza, di irripetibile.

La corazzata formata da Wongraven (deus ex machina dei Satyricon), Fenriz (Darkthrone) e dalla ninfa dei boschi Kari Rueslatten, rinuncia a qualsiasi pretesa filologica e incanala tutta l'energia iconoclasta in un vero e proprio unicum nella cronistoria metallica: "Nordavind" è il suono immaginario della progenie di Odino armata di indicibili facoltà elettroacustiche, una marcia glaciale che trasfigura antiche melodie tradizionali in un capolavoro di minimalismo heavy.

Il latrato solitario di "Nagellstev" è lo straniante preludio al momento topico dell'opera: "Oppi Fjellet", sulla montagna. E se credete che, a fronte di un titolo simile, non sia necessario aggiungere altro, preparatevi a metabolizzare tutta la forza del formidabile chorus, iperbole immarcescibile, fredda lama dell'ascia bipenne pronta a punire l'invasore. L'apparato lirico (e ideologico) di "Nordavind" creò agli Storm qualche problema in eccesso: sarebbe tuttavia interessante constatare l'effetto di una release del genere in un contesto storico come quello attuale, dominato dal politacally correct.

L'infuso corale mescolato dal terzetto nordico enfatizza la potenza evocativa di ulteriori tormentoni ancestrali come "Villemann" e "Langt borti lia"; "Lokk" è un breve assolo dall'afflato magico, con Rueslatten da brivido, in apertura alla rivisitazione di un celebre darkthrone-riff ("Quintessence"), rinnovato nel titolo e nella ritualità pagana. C'è un po' dei primi Ulver nella postfazione arrangiata dal Satiro, ma il suono di "Nordavind" è fin troppo sopra le righe: così unico ed autoreferenziale da poter essere soltanto plagiato.

Mai ristampato ufficialmente, questo incredibile album è comunque a disposizione in innumerevoli versioni bootleg o parzialmente licenziate, tra cui è segnalabile un'edizione edita da Demise Recordings nel 2018, con l'aggiunta di tre brani provenienti dalla leggendaria compilation "Crusade from the North".

Massimo

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