Quella dei Saracen è un'esperienza sonora difficilmente inquadrabile, soprattutto all'interno del fermento musicale inglese dei primi anni '80. Da una parte, il prorompente suono della strained class si ergeva ad autentico baluardo (contro)culturale dando vita alla New Wave Of British Heavy Metal. Dall'altra, un manipolo di eruditi dava continuità filologica al rock sinfonico della decade precedente, rivisitando il sofisticato retaggio compositivo di Kansas e Genesis: per una verifica di tale consecutio temporum, si ascolti  l'opera prima dei Marillion, oppure il folgorante "Chase the dragon" dei Magnum.

Saracen offriva, a dire il vero, qualcosa di collocabile in un ideale punto d'incontro di queste due timeline. E, per quanto riflessione decisamente puerile, il fatto che molti anni fa percepissi in "Heroes, Saints & Fools" similitudini con il sound dei Warlord...non è del tutto fuori luogo. C'è evidentemente un potere immaginifico condiviso, riscontrabile nella possanza evocativa di "Horsemen of the Apocalypse" o nell'eroico fluire del riff terzinato "Rock of ages".

L'inaudito coefficiente epico incontra un'espressività quasi teatrale nell'atmosfera rarefatta della title-track, mentre i sintetizzatori aprono ulteriori  spazi sconfinati con le soluzioni ambient dello  strumentale "Dolphin ride".
Non mancano episodi strettamente legati al contesto metallico ("Ready to fly"), ma non è certo nell'ordinario che risiede la grandezza di "Heroes, Saints & Fools".

Ed è impossibile non sorridere sardonicamente, notando come il già citato "Script for a jester's tear" dei Marillion sia successivo (di due anni!) a questo sconvolgente debutto.
Saracen firmerà un interessante secondo album, per poi perdersi in improbabili tentativi di reunion e di rivisitazione del proprio materiale storico: tuttavia, a fronte di un esordio come questo, ciò che resta dei Saracen è un vuoto francamente incolmabile.

Massimo