HO RIASCOLTATO: Brian May - Back to the light

26.03.2021

BRIAN MAY - Back To The Light (Parlophone, 1992)

Il clip promozionale "Resurrection" apparve nelle rotazioni di Videomusic, in un vuoto surreale lasciato dalla scomparsa di Freddie Mercury. La prima prova solistica di Brian May (escludendo l'EP "Star Fleet Project", registrato nel 1983 con Eddie Van Halen - un potenziale tag team dei sogni) si manifestò tra dubbi, insicurezze e precarietà emozionale a partire dall'artista stesso, come si evince dalla malinconica intervista che il chitarrista rilasciò, all'epoca, sul magazine Metal Hammer.
Ormai, tutto ciò che ruota nell'orbita mitologica di Freddie Mercury e soci è stato reiteratamente sottoposto ai raggi-x, pertanto ritengo inutile passare in rassegna i numerosi retroscena relativi a questo disco: la Ibanez regalata da Joe Satriani, il brano commissionato dalla Ford Motor Company e quant'altro sono surplus che potete trovare narrati nel dettaglio da qualsiasi altra fonte.

E' invece ipotizzabile che l'amicizia tra Brian May e Sua Oscurità Tony Iommi sia stata determinante nella realizzazione di "Back to the light": oltre ad esprimere saltuarie frequenze hard non dissimili da quelle dei Black Sabbath di "Eternal Idol", un illustre ex come Cozy Powell si unì infatti a questa avventura incerta, esposta all'ovvio confronto con l'esperienza Queen.

Mettendo da parte le contestualizzazioni, l'intensità di un disco come "Back to the light" è tra i ricordi musicali più toccanti di quel vecchio mondo che, francamente, stiamo iniziando a rimpiangere un po' tutti. Sarebbe addirittura stato auspicabile che May avesse pubblicato il suo esordio "solo" anche al netto della morte del carismatico collega.
L'elegante title-track, in apertura, è già un brano distintivo della direzione di "Back to the light": è evidente fin dall'inizio come la sensibilità hard rock ed il solismo descrittivo di Brian May trovino spazi più ampi ed ulteriori margini d'espressione rispetto a quanto richiesto presso la Regale Corte.

un estratto da "Live at the Brixton Academy"

"Resurrection", porzione epica con il fondamentale contributo di Powell, è -ribadiamo- assimilabile a certi episodi dei Sabbath; con "Driven by you", l'energia del cantautorato americano confina con l'AOR dei superlativi Magnum, nel momento forse più frizzante dell'intera opera.
La menzionata Ibanez fraseggia melliflua, accompagnata dalle basse di John Deacon, sui 12/8 di "Nothin' but blue", ma è "Last horizon" il signature lick di Brian May che arriva diritto al cuore, con un trasporto pressoché inedito: si parla di un tributo alle invenzioni di Carlos Santana, ma mi piace avere qualche riserva in merito.

E i Queen? Cosa resta, in "Back to the light", dei trascorsi con una delle formazioni più famose e (a posteriori) incensate di tutti i tempi? Difficile dirlo con precisione, dato lo spettro stilistico coperto dai Queen in quasi vent'anni di successi.
Il graffiante pseudo-slide di "Love token" ha una vaga assonanza con "Headlong", tanto per cominciare. Impossibile inoltre non accorgersi di come "Let your heart rule your head" recuperi l'arrangiamento dell'acustico "'39". "Too much love will kill you", imperdonabile scarto dal mediocre "The miracle", è riproposto al massimo della sua fascinosa e disarmante amarezza, sigillo finale di un album sicuramente migliore di alcune operazioni attuate da Queen negli anni '80.

Un tour di supporto ai Guns n' Roses, la presenza di Cozy Powell che garantiva sul palco numeri come "Since you've been gone" e la trionfante "1812 Overture", un controverso ma ampiamente godibile album dal vivo ("At the Brixton Academy", su compact e laser disc): l'ombra pesante dell'icona Queen prenderà presto il sopravvento, facendo sbandare il percorso solistico di Brian May, che non si ripeterà ulteriormente a questi livelli d'eccellenza.
Con "Back to the light", però, il grido della Red Special sfidava un silenzio che, per quanto rispettoso, doveva necessariamente essere rotto.

Massimo


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